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tevano la rossa e mutabile luce delle fiamme di s. Urbano, d'Ognissanti e di s. Giorgio, quegli sgominati, che sommavano a cinquanta, sedevano trepidando per soscrivere un decreto da cui doveva dipendere la salute o l'esterminio della patria comune.
Il crepitare delle vampe, il martellare a stormo, il pianto, le strida dei martoriati e degli spinti nei vortici delle ardenti case, misto all' urlo selvaggio del Croato e del Rumeno, udivano gli smarriti municipali: vedevano come la barbara vittoria del maresciallo altro non fosse che un assassinio codardo; e dinanzi allo spettacolo della straziata e cadente città proponevano la resa. Ma surto il Contratti, ributtò la proposta: disse imminente l'arrivo del Camozzi colle sue bande, imminente lo sgombro dell'armi straniere, obbligatevi dalla tregua che avevano gl'inimici dimandata; non doversi distruggere in un istante la secura vittoria cittadina suggellata col sangue de'nostri martiri; temessero non lo inchinarsi al feroce condottiero profondasse la patria tuttaquanta nelle ultime sventure. Fu chi richiese quali munizioni rimanessero tuttavolta a i combattenti: cui rispondendo il Contratti, chiamò gelosa l'inchiesta, nè tale da farsi in pubblico e numeroso consesso [1]; e protestando non avrebbe ceduto se non per voto del popolo da lui rappresentato, lasciò quel mesto ritrovo [2]. E qui narrasi di un cotale, che apparso in quella e tutto in armi, dicendosi inviato dai combattenti, bruscamente dichiarasse a nome loro, più non volersi che resistenza a morte; e che levatosi un Bosio, mostrando fuor del palazzo la crescente luce degli incendj, supplicando venisse tronca la inutile resistenza: più direi, conchiudesse, quando appiè di queste scale non temessi il coltello del traditore [3]; donde lo