pag. 200
in sulle mura, fulminando spietatamente, spazzavano le contrade; mentre i militi, assalite le prossime case, forandone le muraglie, d'una in altra per quelle breccie trapassando, apparivano d'un tratto dalle finestre a tergo delle più salde barricate, e tempestandone alle spalle gli attoniti difensori, ne sbarattavano le file. Contro un esercito triplicato, accerchiata di bombe e di soldati, come avrebbe potuto resistere più a lungo la generosa e infortunata città?
Eppur combatteva, sicchè a duro stento, a palmo a palmo fu duopo che il maresciallo conquidesse le urbano porte in prima, indi l'una dopo l'altra le piazze, le contrade, i viottoli, le barricate, avute a forza di tanti assalti quante erano da Torrelunga a s. Alessandro, dalle Pile a s. Urbano quasi dissi le nostre case.
Omai certi gl'inimici della conquista, rotti gli ordini delle squadre, scompostisi in altrettante masnade non più di soldati ma di sicarj passavano alla strage degli inermi e dei supplicanti, e con istrazj di raffinata barbarie, da cui rifugge la mente inorridita, inferocivano contro i vecchi, le donne, i bamboli, gl'infermi. Le umane carni abbrustolate gittavano dalle finestre; e prese le vittime, rallentando ad arte l'ardore delle infiammate peci di cui venivano impigliate loro misere membra, con satanica voluttà ne contemplavano, mattamente feroci, le prolungate e convulse agonie, mentre dinanzi agli arsi trascinavano le figlie e le consorti perchè assistessero allo strazio disonesto. Nè i cittadini, siccome colti da vertigine di furore, cedevano il campo: e benchè, scioltosi anch'esso allo spettacolo miserando, rimettesse il Comitato al povero Municipio i suoi poteri; benchè alle dieci del mattino sulla loggia del Comune sventolasse bandiera bianca, li frenetici combattenti, come a rappresaglia, strappata quella insegna, dirizzavano la rossa di sfida a morte e ad