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Chinale la fronte, diceva, o Piemontesi. Oggi è l'anniversario della caduta di Brescia. Abbiamo noi scritta la parola caduta? Cancellatela, e leggete trionfo. O Brescia! Quando la fortuna non fu per noi; quando arrivò la sventura, quel tempo in cui fuggono gli amici, tu fosti allora più che mai la nostra sorella. Tu adagiasti sui tuoi letti i nostri feriti: ogni tua casa era un ospizio, ogni tua donna una madre piemontese.
Quando il Piemonte discendeva ad una seconda prova, tu, o Brescia, non attendesti che le nostre armi corressero a te; ma con impeto sublime per la stessa tua inconsideratezza, irrompesti. L'ora fatale di Novara era già suonata, e tu bagnata di sangue e nera di polvere pugnavi ancora.
Non temere, o Brescia. I1 Piemonte omai giuoca a giuoco scoperto. I cannoni di questo arsenale non aspettano che il tempo opportuno. E se Dio nella sua misericordia vorrà, finalmente che l'oppressore più non prevalga su di te, o Brescia, noi rientreremo nelle tue mura a capo scoperto, a bandiere calate, imperocchè sei fatta per noi una sacra città.
Veramente il fatto di Brescia, salvatrice allora dell'avvenire, di tanta meraviglia aveva scossi gli animi italiani, che sul cadere del 49, quando il nostro Luigi Cazzago ne fece stendere a proprie spese da Cesare Correnti l'energica relazione, venticinque edizioni bastarono appena al desiderio di possederla; ed avendole offerte il generoso alla Lombarda emigrazione, se n'ebbe l'ingente somma di 80 mila franchi [1].
Un forte, irremovibile pensiero covava nelle anime nostre, una speranza che tutto non fosse ancora termi-