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il compagno diede bella prova della propria abilità e tutti gli dissero : " bravo! "
Così fu, a press'a poco, per gli altri miei colleghi: tutti, dal più al meno, bravi.
Poi toccò a me, ch'ero l'ultimo in ordine di statura. Conoscendo la mia pochezza, mi feci coraggio e, prima d'essere interrogato, dissi franco e spiccio allo Speri:
" Io so due cose sole, la marcia e la carica . "
" Ma tu ne sai quanto mi basta, caro il mio ragazzo! La marcia per muovere in bell'ordine contro il nemico, la carica per gettarglisi addosso con tutto l'impeto, sbaragliarlo, perseguitarlo fuggente, distruggerlo. Su, fammi sentire la marcia . "
La battei magnificamente, proprio davvero.
" Ma bravo! Ora batti la carica. "
Invece di batterla stando fermo, come avevano fatto i miei compagni, mi gettai al passo di corsa attraverso il cortile suonando come, mi pareva, avrei fatto sul campo di battaglia, a fianco di mio padre, bravo soldato.
Speri mi lasciò fare due giri del cortile, poi comandò l' alt ! Mi fermai sui due piedi e il mio tamburo, che aveva rullato molto bene, si tacque. Il giovane comandante corse a me, mi prese per le spalle, mi baciò sulle guance con impeto; gli brillavano gli occhi come se vi avesse delle lagrime.
" Amici, " disse, rivolto ai compagni: " questo tamburino lo voglio io: dovete lasciarlo a me, accontentatemi ! "
Gli altri non ebbero difficoltà a soddisfare il suo desiderio, ch'era forse un capriccio natogli dall'emozione, che il suono dei tamburi produce: e così io, il più piccolo e il meno esperto dei tamburini, fui aggregato alla squadra del più valoroso e audace dei comandanti. Come fu contento mio padre, quando Speri medesimo gli narrò la cosa!
Ma i trionfi del mio tamburello non finirono lì.