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Stupendo effetto fece su tutti la nostra batteria, che nel ritorno marciava alla testa degli armati, battendo con mirabile accordo la marcia.

Ci fu bensì uno sfacciato (devo dirlo per amor del vero!) che ardì gridarmi: " Dove vai tamburo con quel ragazzino? " Gli avrei tirato una bacchetta in faccia, a colui, se non fosse stato per rispetto alla disciplina ! Certamente colui era una spia o un austriacante arrabbiato. Ma di quell'affronto mi compensarono i sorrisi di compiacenza di cento, di mille buoni cittadini; le mamme e i ragazzi specialmente mi segnavano a dito, e molti dicevano: "Guarda quel tamburino com' è piccolo ! E come batte di lena! " I miei amici, vedendomi, mi gridavano: " Ciao , Nino! " con tanto di cuore, e molti mi correvano appresso: ma io non li poteva ascoltare, naturalmente. Negli occhi di molti ragazzi, poveri o ricchi, lessi persino un certo che d'invidia: ma quale colpa ci ho io se per istare con mio padre, soldato della libertà, mi è capitata la fortuna di diventar tamburino ?

Ma non sia mai che per parlare di me io dimentichi i bravi che sono venuti a dividere con noi i pericoli e le glorie della difesa della patria.

I nostri armati li accolsero con abbracciamenti e baci, come si usa fra compagni d'arme, e la gente affollata nelle vie ed alle finestre, li salutò coi più lieti evviva e coll'augurio che la loro venuta decidesse i Tedeschi ad andarsene.

Hanno un aspetto veramente marziale questi figli dei monti e della campagna, nei loro abiti di fustagno o di velluto, tagliati alla cacciatora, e con quelle loro armi le più diverse! Hanno schioppi a una o a due canne, schioppette, spingarde, moschetti, fucili d'ogni forma e d'ogni sistema, dall'antico a pietra focaia, a quello chespara col sinder e al moderno che vuole la capsula: e poi pistole e pistolotti e baionette e daghe, che forse sono state portate dai loro nonni quando andarono con Napoleone a Mosca.


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