Queste pagine nascono con l'intenzione di ricordare i protagonisti bresciani della storia.
Molti bresciani hanno assunto ruoli determinanti nel quadro delle vicende nazionali italiane e, prima ancora, dal tempo dell'Impero Romano, attraverso tutto il Medioevo, sino ad arrivare al tramonto della Repubblica Veneta e al Risorgimento.
Molti di essi hanno portato testimonianza della cultura bresciana in luoghi lontani, in tutto il Mediterraneo, nelle Americhe, fino all'Estremo Oriente.
Gabriele Tadini Martinengo fu un uomo della nostra terra, di famiglia bergamasco-bresciana.
Brescia contribuì sempre, con uomini, armi, denaro e risorse di ogni genere alla grandezza della Repubblica Veneta. Le famiglie nobili rimasero per secoli al fedele servizio della Serenissima. Accanto ai patrizi della città combatterono e morirono innumerevoli giovani sconosciuti, poveri contadini, giovani alla disperata ricerca di gloria e di qualche soldo. Quanti bresciani versarono il sangue per l'antica Roma? Quanti morirono gridando "Dio lo vuole!" sotto le mura di Gerusalemme? Quanti caddero sulle mura di Rodi e di Candia in difesa della cristianità di quelle antiche città? I bresciani si distinsero per numero e valore anche tra i Mille di Garibaldi. Non sapremo mai quanti furono a sacrificarsi per ideali diversi, talora persino contrapposti. Tuttavia gli uomini e le donne che seppero tenere fede al dovere e ai valori in cui credevano non vanno dimenticati.
A memoria dei tanti "Zani" bresciani sconosciuti che costruirono, sudarono, montarono di guardia, questa pagina ricorda un nome che la storia non ha voluto dimenticare. Gabriele Tadini Martinengo fu tra i difensori dell'isola di Rodi dall'assedio dei Turchi di Solimano nel 1522. Nominato generale dell'esercito imperiale di Carlo V, divenne Priore di Barletta per i Cavalieri Gerosolimitani (oggi Cavalieri di Malta). Dopo la caduta di Rodi e di Cipro, Candia rimase l'ultimo grande baluardo della Repubblica Veneta contro i Turchi.
Il Bastione Martinengo di Iraklion (l'antica città fortificata di Candia) è un poderoso baluardo difensivo costruito a forma di cuore ad angolo acuto che si espande sui due settori di "piazza bassa" (1) che lo fiancheggiano, dominati dal "cavaliere", che dispone di uno scalone d'accesso rivolto verso la città (2). Esso costituisce la sezione più elevata delle fortificazioni veneziane di Candia ed è rivolto verso sud-est, tra il bastione di Betlemme ed il bastione del Gesù.
Il suo nome deriva dal generale della guarnigione veneziana Gabriele Tadini Martinengo, che nel 1520 iniziò la costruzione di una torre circolare sul medesimo sito del successivo bastione. Sul fianco ovest del Bastione Martinengo è infissa una lapide con il leone di San Marco e l'emblema del Doge Pietro Loredan con la data 1578.
Il bastione Martinengo fu una delle più munite opere di difesa della città di Candia. Situato in posizione strategica, subì il carico della principale direttrice di attacco dell'esercito turco. Le sue mura furono bombardate con pesante insistenza, gravemente danneggiate e sempre ripristinate dai difensori con la massima cura durante tutto l'assedio.
Due corridoi a volta erano previsti per scendere dalle mura cittadine ai due settori di "piazza bassa" (1), forse in funzione di "sortite" d'attacco nascoste, con una soluzione simile a quella che si osserva dall'ingresso del castello di Brescia. I locali di sortita hanno una pianta trapezoidale e si trovano celati ad un livello intermedio tra la scarpata del bastione e il fossato. Quello di est è completamente aperto, mentre quello al lato opposto è cieco e trasformato in deposito. Una stretta rampa mette in comunicazione l'area della "piazza bassa" con il livello superiore del bastione (3). Alla base delle mura è stata realizzata una robusta "contrascarpa" inclinata e rivestita di grandi pietre in grado di fare rimbalzare le palle di cannone. Al di là del fossato furono costruiti, a maggior difesa dell'area esterna (5): il forte in "opera a corona" della Vergine Maria, in corrispondenza del vertice del Bastione Martinengo; il "rivellino" di San Nicola (S. Nikolaos), lungo le mura che portano al Bastione del Gesù.
In cima alle mura è edificato il "cavaliere" che ha l'aspetto di un massiccio "mastio" squadrato con una rampa di scale d'accesso. Il suo scopo è quello di consentire il controllo dall'alto dell'intero bastione.
Soluzioni di architettura difensiva d'assedio estremamente raffinate sono riscontrabili in tutta l'antica città di Candia: nella straordinaria realizzazione del complesso dell'arsenale, con vasti cantieri di carenaggio, coperti e protetti dai bombardamenti; nella complessa costruzione della fortezza veneziana Koule, posta a difesa dell'imboccatura del porto. Ad esempio, le postazioni di difesa all'ingresso della rocca sono protette da uno spessore di mura di diversi metri ma presentano all'esterno una luce di pochi decimetri e un fronte interno di puntamento largo metri (A). Snidare i difensori da queste posizioni è praticamente impossibile perché il corridoio d'accesso è stretto, in discesa
e a gomito (B). Ciò impedisce l'impiego di mezzi di sfondamento, come gli arieti. I locali di difesa ricavati nelle poderose mura sono inoltre dotati di ali che tornano indietro verso il corridoio di accesso (C). In questo modo, qualunque aggressore intento a scardinare o minare la porta rimane sottoposto ai tiri dei difensori che agiscono dalle feritoie che danno sul corridoio (D). Soluzioni altrettanto ingegnose sono applicate a tutta la piazzaforte e all'intera cinta cittadina, di cui il Bastione Martinengo era il vertice difensivo.
L'assedio di Candia durò addirittura per 21 anni (1648-1669) e costò un numero enorme di vittime agli eserciti mussulmani. La città era stata munita per resistere per un periodo lunghissimo ma non per sempre. La mancanza di aiuti dall'esterno condussero alla resa. Candia non fu quindi presa con un'azione militare diretta, anche se i conquistatori turchi, in spregio dei patti, non si fecero poi scrupolo di sterminare e deportare l'intera popolazione cittadina. Molte delle strutture di difesa vennero definitivamente rase al suolo, mentre altre vennero radicalmente trasformate.
Ben segnalato sulle carte turistiche di Iraklion, il Bastione Martinengo è oggi meta di passeggiate e incontri tra i giovani. La vasta superficie dei bastioni è da decenni destinata ad impieghi sportivi ed impianti di atletica. Sullo spiazzo in cima al "cavaliere" c'è ora un giardino ben curato, al centro del quale si trova la lastra tombale che segna il luogo di sepoltura del grande scrittore cretese Nikos Kazantzakis. Per questa ragione il bastione è indicato spesso anche come "Bastione Kazantzakis". Tutto sommato non è un male che un luogo di guerra e di sangue divenga poi noto col nome di un uomo di pace e di cultura. Comunque, se capita di avere tempo e voglia di fare un giro turistico rilassato, fuori dalle mete tradizionali del capoluogo, il Bastione Martinengo offrirà l'occasione per ricordarsi che i bresciani hanno lasciato un segno anche in quella meravigliosa isola.
Veduta della città
di Iraklion dal
" cavaliere" del
Bastione Martinengo.
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