Una volta esisteva un ulteriore via di collegamento tra via San Faustino e via Gasparo da Salò. Mentre dalla parte di via San Faustino la via è ancora ben visibile, in quanto aperta per gran parte del suo percorso, dall’altro lato non ci si rende conto della sua esistenza poiché un cancello coperto da lastre di metallo toglie alla vista dei passanti la vera natura di quello che a prima vista sembra un cortiletto o un semplice spazio chiuso tra la chiesa di S. Giuseppe e la parte del suo ex monastero adibita a museo diocesano. Sbirciando al di sopra delle lastre, si può vedere come in realtà sotto il coro della chiesa vi sia un vòlto, un passaggio coperto che conduceva dall’altra parte.
Il passaggio sotto l'abside di S. Giuseppe
Guardando dall’altro lato si nota che gli archi sono in realtà due, uno passante sotto la chiesa e l’altro sotto una sezione del monastero:
Il passaggio lato S. Faustino, sotto un'ala del convento.
Anche questo vicolo è uno dei tanti che nel corso del tempo sono stati usucapiti da case, palazzi e monasteri: bastavano un paio di cancelli sorti dal giorno alla notte e la strada veniva silenziosamente sottratta al sistema viario cittadino, diventando cortile privato e, in breve tempo, luogo di crescita per l’appiccicosa parietaria.
Il passaggio, che come si vede dalla foto doveva essere un tempo molto più alto, costituiva un luogo tutto sommato nascosto e oscuro, un angolo ove era facile fare i propri comodi e magari scaricare, non visti, gli scarti e i rifiuti che da sempre sono stati un grave problema per una città densamente popolata come Brescia. Evidentemente in questo luogo il malcostume era divenuto tale che nel 1673 il Podestà e il Capitano di Brescia fecero apporre sopra l’arco la lapide di marmo che così dice:
“D’ordine degli Ill. Ecc. Ss. Antonio Corrari Podestà et Pietro Valieri Capitano di Brescia niuno ardisca portar o far portare terra o qualsivoglia imonditia su la via che passa sotto il coro di S. Gioseppe tanto come tene quello de padri, sotto pena di duccati 200 e 100 saranno dell’accusatore, come appare per proclama, li 16 febbraro MDCLXXIII”.
Lapide - targa Divieto di discarica 1673