Tutti i bresciani degni di questo nome conoscono, si spera, Porta Bruciata. La ieratica via Musei finisce sotto il suo arco, lasciando il posto al più prosaico e mercantile Corso Mameli. Sotto di essa, in pochi metri di passaggio, un piccolo mondo: una chiesa, due negozi, due case, un ristorante. Osservando una cartina del centro storico di Brescia si può notare come la Porta si trovi esattamente nel mezzo dell’area circoscritta dalle mura venete. Nell’antichità e nell’Alto Medioevo non era evidentemente così: per i Romani questa era la Porta Mediolanensis, il confine occidentale della civitas cidnea. E Porta Milanese fu il suo nome almeno fino al 1184, quando fu colpita da un terribile incendio che era partito dalla zona di Sant’Agata devastando mezza città. Sempre in quell’anno, il Comune cominciò i lavori di ampliamento e rinnovamento delle mura romane e costruì così anche la torre che, più o meno rimaneggiata, possiamo vedere ancora oggi.
Molti pensano (cioè molti tra quelli che pensano a queste cose…) che Porta Bruciata sia tutto ciò che rimane delle mura di quel periodo, il resto essendo stato inglobato, demolito, distrutto. In realtà non è così.
Le case lungo via X Giornate sono state costruite addossandosi a quelle mura e all’interno di alcuni negozi pare sia possibile vedere ancora qualche traccia delle imponenti fortificazioni, senza contare lo splendido tratto di strada romana visibile nel negozio di un noto ottico. Inoltre un’altra torre, visibile da Piazza Loggia, dovrebbe far parte di questo complesso, ma forse è un rifacimento posteriore (vedrò di scoprirlo).
Non solo. Esiste un’altra porta turrita, ancora visibile eppure stranamente ignorata da segnalazioni e guide. Si tratta di Porta Paganora, anticamente posta nel cantone sudoccidentale della cerchia romana e ora seminascosta dai portici e dal Teatro Grande. L’illustrazione seguente mostra le due porte con le torri sovrastanti.

A sinistra: Porta Bruciata vista da Est (via Musei); a destra: Porta Paganora vista da Ovest (via F.lli Dandolo). Sopra le case dei portici si può vedere la sommità della torre.

A sinistra: Porta Bruciata vista da Est (via Musei); a destra: Porta Paganora vista da Ovest (via F.lli Dandolo). Sopra le case dei portici si può vedere la sommità della torre.

Mentre Porta Bruciata è ben visibile e soprattutto posta su una strada frequentatissima, Porta Paganora viene attraversata poche volte e la sua torre è quasi totalmente nascosta.
Entrando sotto l’arco delle due porte, la somiglianza degli elementi architettonici è decisamente notevole (la foto a sinistra rappresenta sempre Porta Bruciata, quella a destra Porta Paganora):

 A sinistra Porta Bruciata, a destra Porta Paganora

Entrambe presentano due archi a tutto sesto in pietra, ognuno dei quali è rinforzato da tre archi concentrici di mattoni nella parte interna.
Accanto a questi sono ancora presenti i grossi cardini in ferro sui quali giravano le porte (foto sotto).

A sinistra Porta Bruciata, a destra Porta Paganora

A sinis- anzi NO, non lo dico più.

A Porta Bruciata, sul lato orientale, sono ancora visibili le guide entro le quali probabilmente scorreva un grosso cancello. Le dimensioni degli androni sono pressoché identiche.
Sotto Porta Paganora vi sono almeno due elementi degni di nota.
Il primo è un arco tamponato nella volta di mattoni:

Sotto Porta Paganora si nota un arco tamponato nella volta di mattoni

Il secondo, a mio avviso molto interessante, è un blocco di marmo posto all’interno della parete settentrionale.
In esso è ben visibile una scacchiera scolpita del tutto simile a quella che si vede nei gradini del Foro nella piazza omonima.
Si tratta quindi di materiale di riuso ben più antico.
Evidentemente i nostri antenati latini amavano molto quel gioco!

blocco di marmo posto all’interno della parete settentrionale. In esso è ben visibile una scacchiera

Il nome Paganora dovrebbe derivare da Porta Paganorum, ossia Porta dei Pagani. Una delle ipotesi sull’origine di questo nome lo vuole testimonianza di uno dei più oscuri periodi della storia europea: i pagani non sarebbero stati altri che gli Ungari, che nella prima metà del X Secolo compirono innumerevoli incursioni distruttive e mortifere in mezza Europa.

Ultimi di varie stirpi (Unni, Goti, Longobardi, Avari) che, provenienti dall’Asia attraverso le pianure della Russia, erano migrate in Occidente sotto la pressione di altri popoli, gli Ungari erano uomini di bassa statura, di colore olivastro, dagli occhi infossati, le guance deturpate da ferite deliberate, i capelli rasi, le gambe storte tipiche dei popoli cavalcatori; tutti i cronisti del passato vanno a gara per descriverne la bruttezza. Disdegnavano ogni forma di stanziamento urbano, preferivano viaggiare e vivere su carri coperti di pelli, e i loro luoghi di residenza assomigliavano di più ad accampamenti di nomadi che a villaggi.
(Abeni, 1987) 

La paura di fronte a queste orde di barbari razziatori fu tale che rimase non solo nella toponomastica di molte zone (strada Ungaresca, porta Paganora, ecc.), ma anche e soprattutto nell’immaginario collettivo occidentale come rappresentazione della malvagità, o meglio della paura che ne proviene: in francese, Ungaro divenne “ogre”. Il nostro Orco.

Penso che il Comune dovrebbe mettere un pannello informativo di bronzo simile a quello presente a Porta Bruciata anche sotto l’androne di Porta Paganora. Un semplice modo per ricordare anche ai passanti frettolosi gli otto secoli di storia di quel luogo.

Abeni, E., 1987. Il frammento e l’insieme: La Storia Bresciana. 2. Il Medioevo. Edizioni del Moretto, Brescia.